In che modo le mie competenze da medico si possono combinare con quelle da counselor? Detto in poche parole: essendo un medico che ascolta il racconto di malattia del paziente.
Scrive Patch Adams: “L’occuparsi dei malati non ha niente a che fare con il prendere informazioni sui pazienti. Occuparsi dei malati è la proiezione disinvolta di amore, humor, empatia, tenerezza e compassione per il paziente. L’acume scientifico è uno strumento importante, ma non è la magia che si trova nella guarigione. Quando la scienza cerca di mantenere tutti vivi e sani per sempre, fallisce miseramente. […] I pazienti e il personale medico devono sforzarsi di costruire un’amicizia nel senso più profondo della parola. L’amicizia è una grande medicina. […] Nell’amicizia sta la possibilità, sia per i medici, sia per i pazienti, di essere se stessi senza il timore di essere fraintesi. […] Un dottore imperfetto può trattare pazienti imperfetti, con comprensione da entrambe le parti. […] Questa atmosfera è già per sé un momento di guarigione. […] Tutti abbiamo bisogno di somministrarci qualsiasi cosa sia positiva, “gasante”, soddisfacente, piacevole […]. Questo approccio alla vita funziona così bene che, se i dottori insegnassero questo stile di vita ai loro pazienti anche solo minimamente, i benefici sarebbero enormi e comincerebbero a meravigliarsi di avere anche solo pensato di avere un problema medico.” (Patch Adams, Salute!)
Come medico, il mio approccio è quello descritto e proposto da Patch Adams, dalla medicina narrativa e dalla teoria dei determinanti sociali della salute. Oltre che dall’approccio della scuola di counseling nella quale mi sono formato: centrato sulla persona (rogersiano), gestaltico e fenomenologico.
Guardando ai principali bisogni di salute che le persone hanno nella nostra società sono convinto che il ruolo della medicina e dei medici non sia più solo quello di prefiggersi come obiettivo la ‘guarigione’ della malattia (visto che in molti casi è purtroppo impossibile da raggiungere) ma anche e soprattutto quello di ‘assistere’, prendendosi cura della persona e della sua storia di malattia.
E questo tipo di assistenza può essere superlativa solo se sa essere umanamente significativa.
La persona che verrà a “chiedere aiuto” troverà la possibilità di parlare del suo male -i sintomi che avverte, ma anche le emozioni che li accompagnano e di quello che si patisce quando si è costretti ad attraversare il buio territorio della malattia.
Questo modo di fare medicina non è e non vuole in nessun modo porsi come un’alternativa più efficacie della moderna medicina; vuole essere bensì un suo valido alleato nella cura delle persone. Pertanto, il mio ruolo non sarà quello di fare diagnosi brillanti o produrre guarigioni miracolose, mi posizionerò semplicemente al fianco della persona e dei suoi medici di riferimento per favorire una migliore comprensione reciproca (e di conseguenza anche una migliore alleanza terapeutica) e agevolare la persona nella costruzione di significato a partire dalla sua esperienza di disagio o malattia.
Aiuterò la persona a ri-leggere la sua storia di vita e di malattia anche alla luce della teoria dei determinanti sociali della salute. La scoperta delle complesse dinamiche bio-psico-sociali che l’hanno portata ad ammalarsi, potrà portare la persona a rifiutarsi di lasciarsi definire dalle limitazioni imposte dalla realtà (determinanti sociali della salute) e ad agire per modificarle (empowerment individuale e collettivo). In questo modo “un senso di possibilità” e di “controllo sulla propria vita” sostituirà l’altrimenti comuni sentimenti di ‘colpa’ e ‘impotenza’ legati alla malattia.
POSSIBILI AMBITI DI INTERVENTO
Le persone che possono rivolgersi al servizio sono:
- tutte quelle che, dopo aver effettuato visite mediche (di base e specialistiche) e esami diagnostico-terapeutici per accertare le cause alla base dei loro sintomi e segni, non sono riuscite a risolvere il loro disturbo. Come per esempio: astenie, sensazione di svenimento, sintomatologia gastro-intestinale, acufeni, dolori osteo-muscolari, palpitazioni, cefalee, ecc…
- tutte quelle che hanno ricevuto una diagnosi di “inguaribilità” (malattie croniche come il diabete, la bronchite cronica, patologie neurodegenerative, patologie tumorali) e vogliono condividere e costruire il senso di quello che è loro accaduto confrontandosi anche con me da un punto di vista “tecnico”;
- tutte quelle che hanno una patologia cronica in atto e fanno fatica ad integrare questo loro aspetto nella loro vita e a “rispettare” la terapia;
- tutte quelle che stanno svolgendo un percorso diagnostico per accertare le cause dei loro sintomi e hanno bisogno di una persona competente in grado di aiutarle a gestire al meglio la situazione (una sorta di case-manager);
- tutte quelle che vogliono ricevere delle informazioni tecniche su alcuni sintomi e patologie (pedagogia-medica; educazione sanitaria);
- tutte quelle che vogliono apportare dei cambiamenti significativi nei loro stili di vita senza subire l’indagine, spesso giudicante e distaccata, del medico;
- tutte quelle persone che a vario titolo (parenti, amici, badanti, care-giver) sono in relazione con una persona con una malattia e/o se ne stanno prendendo cura.
dott. Alessandro Rinaldi