In questo podcast, realizzato con HPO Accapo, vi proponiamo diverse riflessioni sul tema dell’ascolto, a partire da uno scritto di Giorgio Antonucci. A seguire una canzone di Bjork, di cui vi leggiamo la traduzione e una poesia di Chandra Livia Candiani. Buon ascolto!
Giorgio Antonucci, medico e psicanalista italiano, punto di riferimento dell’antipsichiatria in Italia.
Se mi ascolti e mi credi
posso raccontarti in che modo sono finita qui dentro
posso raccontarti cos’è accaduto
quando avevo sedici anni
La mia storia è molto semplice
La mia storia
è semplice
e chiara
La ricordo assai bene
e posso parlarne con serenità
nonostante tutto
Nonostante il ricovero a tradimento
Nonostante gli interrogatori dei primi tempi
Nonostante gli insulti
Sei agitata!
(io mi ribellavo)
sei incomprensibile!
(io cercavo di spiegarmi e di sapere)
Sei pericolosa!
(io mi difendevo)
Nonostante la camerata e il cortile
dove il sole e la luna concedono poco
per mancanza di spazio
Nonostante i miei anni senza nulla
La mia storia
è semplice
e chiara
e la ricordo assai bene
e posso parlarne con serenità
se mi ascolti
se mi ascolti
e se hai il coraggio di credermi
e se hai il coraggio di credermi
perchè vedi
non mi ha mai creduta nessuno
perché non mi ha mai creduta nessuno
Ho perduto le gambe sotto il treno
Per loro fu un tentativo di suicidio
Io potrei dirti
forse è successo per disgrazia
forse volevo uccidermi
Ma che ti importa perchè è successo?
Per loro non fu disgrazia
Per loro non fu disperazione
Per loro fu pazzia
loro spiegano tutto con la pazzia
e sono venuta qui dentro
e ci resto
e debbo ringraziare l’infermiera
se la mia seggiola a rotelle viene spinta dalla cella al cortile
e dal cortile alla cella
perchè così la mia vita, anche se squallida, non è monotona del tutto
perchè così la mia vita anche se squallida non è monotona del tutto
Se mi ascolti
e se hai il coraggio di credermi
la mia storia
come vedi
è molto semplice.
Hyperballad
Viviamo su una montagna, proprio sulla cima
C’è una vista bellissima dalla cima della montagna.
Ogni mattino mi alzo e cammino verso il bordo delle rocce
E butto giù piccole cose
Come pezzi di macchina, bottiglie e posate
O qualsiasi cosa trovi lì intorno
È diventata un’abitudine, un modo per cominciare la giornata.
Faccio tutto questo prima che tu ti svegli
Per sentirmi più felice di essere qui, al sicuro, con te.
È mattino prestissimo, tu sei ancora lì che dormi,
tutto dorme, in silenzio.
Sono tornata sul precipizio, e ho ricominciato a buttare giù cose,
rametti, sassi, braccialetti…
Ascolto i rumori che fanno mentre cadono.
Le seguo coi miei occhi finchè si schiantano.
Immagino il rumore che farebbe il mio corpo
Schiantandosi su queste rocce.
Quando toccherà terra
I miei occhi saranno
Aperti o chiusi?
Faccio tutto questo
Prima che tu ti svegli
Per sentirmi più felice
Di essere qui, al sicuro, con te
Di essere salva, quassù, con te.
Dunque, per ascoltare
avvicina all’orecchio
la conchiglia della mano
che ti trasmetta le linee sonore
del passato, le morbide voci
e quelle ghiacciate,
e la colonna audace del futuro,
fino alla sabbia lenta
del presente, allora prediligi
il silenzio che segue la nota
e la rende sconosciuta
e lesta nello sfuggire
ogni via domestica del senso.
Accosta all’orecchio il vuoto
fecondo della mano,
vuoto con vuoto.
Ripiega i pensieri
fino a riceverle in pieno
petto risonante
le parole in boccio.
Per ascoltare bisogna aver fame
e anche sete,
sete che sia tutt’uno col deserto,
fame che è pezzetto di pane in tasca
e briciole per chiamare i voli,
perché è in volo che arriva il senso
e non rifacendo il cammino a ritroso,
visto che il sentiero,
anche quando è il medesimo,
non è mai lo stesso
dell’andata.
Dunque, abbraccia le parole
come fanno le rondini col cielo,
tuffandosi, aperte all’infinito,
abisso del senso.
Chandra Livia Candiani
da “La bambina pugile ovvero la precisione dell’amore”, Torino, Einaudi, 2014
Ascolta la diretta de ‘I Cocciutissimi’
