Scrivere una recensione non è facile. Soprattutto su un libro come questo: ampio, illuminante, complesso. Allora è più facile offrire piccoli assaggi. Rubare uno o due momenti, per capire l’effetto che fa. La solitudine del cittadino globale è un libro ambizioso che mira a spiegare perchè le cose vanno come vanno. Un libro che può cambiare lo sguardo e le reazioni che abbiamo quando leggiamo un giornale o guardiamo la tv. Un libro che porta una particolare forma di conoscenza, facendo vedere i nostri guai da una prospettiva nuova, con una consapevolezza diversa. Una conoscenza che può indurre ad agire o ad abbattersi, questo dipende dal lettore.
Bauman afferma che la conoscenza contenuta in questo libro può essere utilizzata in modo ‘cinico’ o in modo ‘clinico’. In altre parole, può farti fare carriera o, al contrario, offrirti un’analisi dettagliata delle ragioni che determinano i principali problemi di cui soffre la nostra società, una sorta di diagnosi accurata del nostro stato di salute. Offre una conoscenza e una consapevolezza che pone il lettore di fronte ad una possibile scelta etica.
Viene analizzata la solitudine del cittadino globale, sempre piè precario e insicuro, incapace di cercare o trovare una soluzione, perso e sbigottito di fronte a forze e dinamiche fuori dalla sua portata. Viene analizzata l’impotenza della cittadinanza e la paralisi della politica. Viene approfondito il rapporto tra libertà individuale e benessere collettivo e i meccanismi che ci portano ad essere sempre più spettatori alienati di uno stato di cose che non possiamo cambiare.
Buona lettura.
“é possibile che un’aumento della libertà individuale coincida con l’aumento dell’impotenza collettiva in quanto i ponti tra vita pubblica e privata sono stati abbattuti o non sono mai stati costruiti; oppure, per dirla diversamente, in quanto non esiste un modo semplice e ovvio di tradurre le preoccupazioni private in questioni pubbliche e, inversamente, di identificare e mettere in luce le questioni pubbliche nei problemi privati.”
“La socialità, per così dire, è incerta, alla vana ricerca di un punto fermo cui appigliarsi, un traguardo visibile a tutti su cui convergere, compagni con cui serrare le file. C’è n’è molta tutta intorno: caotica, confusa, sfocata. Priva di sfoghi regolari, la nostra socialità viene tendenzialmente scaricata in esplosioni sporadiche e spettacolari, dalla vita breve, come tutte le esplosioni. […] Il guaio di tutte queste occasioni è che si consumano rapidamente: una volta tornati alle nostre faccende quotidiane, tutto riprende a funzionare come prima, come se nulla fosse successo.”
“L’opportunità di mutare questa condizione dipende dall’agorà: lo spazio ne privato nè pubblico, ma più esattamente privato e pubblico al tempo stesso. Lo spazio in cui i significati si connettono in modo significativo..”
L’agorà è l’unico spazio in grado trasformare le sofferenze individuali in questioni pubbliche rilevanti, perché favorendo un processo di appartenenza da parte dell’individuo del tessuto sociale in cui è inserito, consente un particolare processo di appropriazione delle condizioni esistenziali comuni e collettive in cui si generano le sofferenze e le emergenze di una singola esistenza, non lasciata sola nell’affrontare e riflettere sul proprio infausto destino.
Tratto da “La solitudine del cittadino globale di Zygmunt Bauman”, (1999), Edizione Feltrinelli