Cos’è un UFE? L’acronimo sta per Utente, Familiare Esperto, ossia una persona, o un familiare di una persona, che ha vissuto un disagio mentale grave e che lavora presso i servizi di salute mentale, supportando i pazienti nel proprio percorso di cura, fornendo informazioni, accogliendo chi è in carico presso una struttura o un servizio, aiutandolo a partire dalla propria esperienza personale. Dalla ricchezza della propria esperienza personale, aggiungiamo noi.
Trasformare queste esperienze, dolorose, complesse, in una risorsa.
Anzi, in un vero e proprio lavoro: questa l’idea nata a Trento (e diffusasi in diverse città italiane).
Di cosa parliamo nell’intervista?
Di questa esperienza, ne parliamo con Roberto Cruni, dell’associazione Il Cerchio – fareaasieme, referente del movimento ‘Le Parole Ritrovate’, che con la sua associazione coordina il lavoro di molti UFE in diverse aree di Trento.
Con Roberto, realizziamo un vero e proprio approfondimento su questo tema: cosa fa concretamente un UFE? In cosa consiste il percorso formativo? Quali obiettivi si pone?
Buon ascolto!
L’approfondimento dal sito della FIASO
“All’interno del Servizio di Salute Mentale (SSM) di Trento, intorno al 1999, utenti e familiari riportavano un malessere generalizzato per pratiche lavorative che venivano vissute come ‘lontane’ e poco partecipate. In sintesi, non si sentivano abbastanza riconosciuti e coinvolti nella definizione delle attività messe in atto, causa una difficoltà di comunicazione con gli operatori. In aggiunta, le pratiche risultavano essere proposte all’utente e non concordate con esso, non favorendo dunque la centralità e non attivando percorsi di responsabilizzazione. Così, nell’ottica di migliorare i servizi offerti e aumentare la soddisfazione degli utenti, sono state proposte a partire da quell’anno attività volte a favorire il coinvolgimento di utenti, familiari e operatori, attraverso un peculiare approccio chiamato del “fareassieme”, una tipica pratica di empowerment che comprende tutte le attività promosse dal Servizio e in cui sono coinvolti, alla pari, utenti, familiari e operatori. Nei primi anni si è trattato per lo più di intraprendere iniziative di ‘nicchia’, anche molto diverse tra loro nei contenuti, ma tutte legate dallo stesso filo rosso: creare occasioni di condivisione tra utenti, familiari e operatori così da attivare circoli virtuosi. Fino a quando, nel 2005, il Servizio di Salute Mentale di Trento ha deciso di far partire (grazie ad un finanziamento dell’Agenas) il progetto UFE – Utente familiari esperti, con l’obiettivo di valorizzare il sapere esperienziale di utenti e familiari e di aumentare la loro partecipazione attiva nelle pratiche quotidiane. L’esperienza degli UFE si prefiggeva di migliorare la gestione di problemi tradizionalmente comuni nel mondo della salute mentale, come quelli riguardanti l’adesione ai trattamenti, alla soddisfazione e al ruolo delle parti interessate nella governance del sistema, coinvolgendo tutte le parti in causa, dai gruppi di auto-mutuo-aiuto per utenti e familiari ai gruppi di sensibilizzazione fino alla creazione di una Casa dell’auto-aiuto (struttura residenziale con 14 posti letto che vive 24 ore al giorno le pratiche della mutualità). Partendo da questa base operativa si è andata sviluppando nel tempo la figura dell’Utente Familiare Esperto. Dal 2005 ad oggi la figura degli UFE si è diffusa in tutte le aree del Servizio di Salute mentale, e ad oggi gli UFE coinvolti sono circa 40, con diverse mansioni: alcuni operano nel Centro di salute mentale o nel Reparto ospedaliero, altri svolgono funzioni di sensibilizzazione, nelle scuole come nelle comunità, o si tengono in stretto contatto con le famiglie. La presenza degli UFE, caratterizzata da una sorta di percorso di cambiamento partecipato, gestito dal ‘basso verso l’alto’, ha favorito un miglioramento dei rapporti tra utenti, familiari e operatori, con importanti ricadute sul clima generale, considerato che grazie al lavoro svolto il Progetto ha evidenziato una miglior adesione ai trattamenti e la costruzione di un rapporto significativo con il SSM.”
FIASO
‘Le Parole Ritrovate’
Il movimento ‘Le Parole Ritrovate’ nasce a Trento nel 1993. L’idea fin da allora era di “darsi convegno” assieme, utenti, familiari, operatori, amministratori, cittadini. Scrivevamo nel presentare il primo incontro: “Non si tratta semplicemente di dare la parola a chi non l’ha sinora avuta, si tratta piuttosto di ritrovare assieme le parole…”.
Nel 1993 su questa idea ispiratrice viene organizzato il primo Convegno nazionale, titolato appunto “Le Parole ritrovate”.
Una grande partecipazione ed un grande entusiasmo da parte di operatori provenienti da Servizi di tutta Italia, di Associazioni di familiari, di utenti, di amministratori, di cittadini. Per saperne di più, clicca qui.
P.s.: per chi volesse contattare Roberto, la sua mail è cuni.roberto@apss.tn.it.