Il 14 febbraio si celebra la Giornata internazionale dell’epilessia (International Epilepsy Day), evento mondiale che ogni anno si rinnova per promuovere la consapevolezza di una malattia neurologica cronica che colpisce molte persone. Vi proponiamo uno stralcio dell’intervista realizzata a Giovanni Barbieri, per parlare dei tanti stereotipi, delle ansie e dei pregiudizi dal punto di vista in prima persona di chi vive questa condizione. Una condizione che porta ad una ‘disabilità invisibile‘, su cui ancora si sa troppo poco.
Buon ascolto! (Per ascoltare l’intervista integrale, in cui parliamo di molto altro ancora, clicca qui).
Sottofondo musicale di Giovanni Barbieri
Cos’è l’epilessia?
Quanto è diffusa?
L’e. colpisce l’1% della popolazione: in Italia ne sono portatori oltre 500.000 individui e ogni anno si verificano oltre 25.000 nuovi casi. Il termine sta a indicare una modalità di reagire del sistema nervoso centrale ai più svariati stimoli, che si traduce clinicamente nella comparsa di crisi di cui si conoscono oltre 40 tipi diversi. La crisi epilettica è dovuta a un’improvvisa alterazione dello stato di equilibrio delle membrane neuronali che, attraverso un meccanismo di depolarizzazione, determina una scarica improvvisa e ipersincrona di una popolazione di neuroni. Il fenomeno si traduce clinicamente in una particolare forma di attacco epilettico, legata alla sede e al numero di neuroni coinvolti dalla scarica anomala, nonché al grado di maturazione cerebrale del soggetto che la presenta.
Come si presentano le crisi epilettiche?
“La diagnosi di e. si basa su dati clinici ricavati dalle informazioni che il paziente è in grado di fornire sulle proprie crisi, e soprattutto da ciò che possono riferire testimoni oculari opportunamente interrogati. Può essere di sussidio diagnostico l’elettroencefalogramma (EEG), che consente di avere informazioni sulla funzionalità elettrica di diverse aree neuronali e di registrare le scariche abnormi responsabili delle crisi. Queste possono essere circoscritte, oppure generalizzate, scatenate da particolari manovre, quali l’iperventilazione o la stimolazione luminosa intermittente, e possono essere correlate con l’evento critico (EEG critico), oppure costituire un elemento del tracciato di base (EEG intercritico). Recentemente ha acquistato molta importanza il video-EEG, un metodo che permette la contemporanea registrazione su video del segnale elettroencefalografico e della fenomenologia clinica presentata dal paziente; l’analisi simultanea dei dati acquisiti rende possibile studiare la crisi epilettica nella sua globalità.
L’attuale classificazione delle crisi epilettiche e delle sindromi a esse correlate individua tre categorie principali: le e. idiopatiche, dipendenti dall’età, la cui causa non è una lesione, ma la presenza di una predisposizione genetica; le e. criptogenetiche, in cui non è dimostrabile una causa (che comunque deve essere esistita) e le e. sintomatiche, in cui è documentabile una lesione responsabile delle crisi.”
Fonte: Treccani
Importante: una crisi epilettica non implica la diagnosi di epilessia
“Avere una crisi epilettica non significa necessariamente essere affetti da epilessia. Molte situazioni possono, infatti, determinare la comparsa di crisi epilettiche isolate, destinate a non ripetersi più spontaneamente (in assenza cioè di quella situazione che le ha generate): l’innalzamento della febbre nei bambini piccoli (fino a 5 anni: “convulsioni febbrili”), l’abuso o l’astinenza da alcool, l’uso di droghe, disturbi metabolici (ad esempio riduzione brusca dei livelli di glicemia, etc..).
La diagnosi di epilessia si basa sulla raccolta completa della storia clinica spesso con l’ausilio dei familiari o di chi ha assistito alle crisi. In seguito, si passa all’esecuzione dell’elettroencefalogramma (EEG) e di indagini quali TAC e/o risonanza magnetica. Altri accertamenti (esami genetici, PET, SPECT) vengono utilizzati in casi selezionati.” Fonte: Società Italiana di Neurologia
