Epilessia e Disabilità Invisibili: l’esperienza di Giovanni Barbieri

Epilessia e Disabilità Invisibili: l’esperienza di Giovanni Barbieri

In questa lunga intervista, parliamo di Epilessia, a modo nostro. Attraverso le parole e lo sguardo di un amico, attivista dei Disabili Pirata e del Disability Pride, conosciuto pochi mesi fa: Giovanni Barbieri. Grazie a lui abbiamo modo di raccontare questa condizione dal punto di vista dell’esperienza, partendo dalle parole di chi la vive. Con lui, entriamo nel mondo delle cosiddette ‘Disabilità Invisibili’.

Non tutte le disabilità sono visibili. Questo è vero nella maggior parte dei casi. Pensa solo che il 93% delle persone con disabilità non utilizza una sedia a ruote. È un dato di fatto, anche se, come abbiamo visto, il simbolo internazionale dell’accessibilità raffigura proprio una persona su sedia a ruote. Le cosiddette disabilità invisibili, invece, comprendono molteplici casistiche, tra cui patologie mediche di vario tipo, disturbi dello spettro autistico, disabilità intellettive. Per questo motivo, si possono creare delle situazioni complicate, fino ad arrivare alla vera e propria stigmatizzazione. Facciamo un esempio: se una persona con disabilità invisibile ha bisogno dei servizi igienici accessibili, rischia di essere vittima di occhiatacce o commenti poco carini. Ciò avviene perché normalmente non si ha consapevolezza di queste condizioni.

FIABA

Buon ascolto!

Cos’è l’epilessia?

“Sindrome neurologica complessa, caratterizzata dal periodico ripetersi di manifestazioni psicofisiche improvvise, quali sospensione o perdita della coscienza, stato confusionale, movimenti automatici e, nelle forme più gravi, convulsioni muscolari, dilatazione delle pupille, cianosi del volto, emissione di bava. L’e. come malattia va distinta dalla  crisi epilettica, che è un evento clinico transitorio, privo di quella tendenza al ripetersi delle crisi che è un criterio fondamentale della diagnosi. La classificazione moderna distingue numerose forme di e., la cui terapia è in genere di tipo farmacologico.

1. DEFINIZIONE, DIAGNOSI E CLASSIFICAZIONE 

L’e. colpisce l’1% della popolazione: in Italia ne sono portatori oltre 500.000 individui e ogni anno si verificano oltre 25.000 nuovi casi. Il termine sta a indicare una modalità di reagire del sistema nervoso centrale ai più svariati stimoli, che si traduce clinicamente nella comparsa di crisi di cui si conoscono oltre 40 tipi diversi. La crisi epilettica è dovuta a un’improvvisa alterazione dello stato di equilibrio delle membrane neuronali che, attraverso un meccanismo di depolarizzazione, determina una scarica improvvisa e ipersincrona di una popolazione di neuroni. Il fenomeno si traduce clinicamente in una particolare forma di attacco epilettico, legata alla sede e al numero di neuroni coinvolti dalla scarica anomala, nonché al grado di maturazione cerebrale del soggetto che la presenta. 

La diagnosi di e. si basa su dati clinici ricavati dalle informazioni che il paziente è in grado di fornire sulle proprie crisi, e soprattutto da ciò che possono riferire testimoni oculari opportunamente interrogati. Può essere di sussidio diagnostico l’elettroencefalogramma (EEG), che consente di avere informazioni sulla funzionalità elettrica di diverse aree neuronali e di registrare le scariche abnormi responsabili delle crisi. Queste possono essere circoscritte, oppure generalizzate, scatenate da particolari manovre, quali l’iperventilazione o la stimolazione luminosa intermittente, e possono essere correlate con l’evento critico (EEG critico), oppure costituire un elemento del tracciato di base (EEG intercritico). Recentemente ha acquistato molta importanza il video-EEG, un metodo che permette la contemporanea registrazione su video del segnale elettroencefalografico e della fenomenologia clinica presentata dal paziente; l’analisi simultanea dei dati acquisiti rende possibile studiare la crisi epilettica nella sua globalità. 

L’attuale classificazione delle crisi epilettiche e delle sindromi a esse correlate individua tre categorie principali: le  e. idiopatiche, dipendenti dall’età, la cui causa non è una lesione, ma la presenza di una predisposizione genetica; le  e. criptogenetiche, in cui non è dimostrabile una causa (che comunque deve essere esistita) e le  e. sintomatiche, in cui è documentabile una lesione responsabile delle crisi.”

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