Due insegnanti di sostegno per gli Studenti con Autismo per tutto il tempo passato a scuola: la sentenza del TAR Campania. Ce ne parla l’avvocato Laura Andrao, referente legale di CONFAD, nella nostra nuova rubrica “Salute & Diritti“.
“Nella formulazione del Piano Educativo Individualizzato, vanno elaborate le proposte relative all’individuazione delle risorse necessarie, ivi compresa l’indicazione del numero delle ore di sostegno”
Questo afferma l’art. 10 comma 5 Decreto Legge 31 maggio 2010, n. 78 per le ore di sostegno spettanti agli alunni con disabilità.
Per tali motivi spesso i genitori facevano ricorso al Tar, ottenendo un maggior numero di ore sostegno, in particolar modo per i ragazzi che frequentano scuole a tempo pieno.
Purtroppo, le scuole, oggi, hanno un numero di insegnanti di sostegno decisamente insufficiente per rispondere ai bisogni educativi degli alunni con disabilità, spesso costretti a passare il tempo a scuola, ‘parcheggiati’, senza un vero e proprio Progetto Educativo Individualizzato. Negli anni, spesso ci si è rivolti agli educatori come ‘tappa buchi’, per permettere a questi ragazzi una maggior permanenza a scuola, senza, tuttavia, una reale connessione con la didattica o una reale programmazione degli obiettivi educativi da raggiungere nel tempo.
La sentenza del TAR Campania riconosce all’insegnante di sostegno un’importanza troppo spesso dimenticata: quella di rendere accessibile, e personalizzata, l’attività didattica, divenendo vero strumento di inclusione e pari opportunità.
Diversamente, spesso l’insegnante di sostegno viene visto come un insegnante di serie B o una tappa di passaggio nel lungo percorso professionale, e precario, per divenire insegnanti in Classe.
L’attuale cattedra di 18 ore settimanali determinata dal Provveditorato non basta. Per ogni ragazzo che volesse rimanere a scuola durante tutto l’orario scolastico, dovranno esserci almeno due insegnanti di sostegno.
Che tutto ciò sia un diritto esegibile, è una rivoluzione.
Purtroppo le leggi non bastano: i diritti per essere possibili hanno bisogno di adeguati finanziamenti.
Nella scuola, come nella sanità, spesso le risposte di personale e dirigenti per i diritti negati alla cittadinanza è ‘non abbiamo personale, non abbiamo risorse‘.
E siamo in una società in cui non avere risorse per l’assistenza e l’educazione è vista come una cosa normale.
Probabilmente, una vera rivoluzione culturale deve partire da qui. Perché è proprio nell’ambito economico che la nostra società rende conto del reale valore che diamo alle nostre azioni.

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