L’esperienza di un giovane psicologo – Giorgio

L’esperienza di un giovane psicologo – Giorgio

Sono un operatore che lavora da 21 anni nel settore dell’assistenza domiciliare. Finora ho cambiato quattro cooperative. Sono uno psicologo e quando ho iniziato ancora non ero laureato e pensavo di poter esercitare questa mia professione, a partire da un’esperienza solida da operatore. Mi sono reso subito conto che l’obiettivo della cooperativa dove lavoravo, non le importava affatto di utilizzare le reali competenze di uno psicologo e non mi avrebbe mai fatto esercitare la professione. Alla cooperativa servivano dei “custodi” e le mie competenze facevano comodo soltanto perché potevano essere utilizzate nel “contenere” le crisi.

Il mio lavoro si svolse così per molto tempo accanto ad un ragazzo cosiddetto autistico e le quattro ore giornaliere con cui stavo con lui, servivano a fargli passare semplicemente del tempo.

Questo provocava a volte delle crisi al ragazzo, ma io avevo imparato a conoscerlo e riuscivo a prevenirle. Molti mie colleghi rinunciavano a lavorarci, così tutte le ore attribuite dall’ente erogatore vennero attribuite a me. Quando iniziai a lavorare ebbi subito l’impressione che questo lavoro per farlo bisognava essere sottoposti ad una prova: o si era capaci di stabilire con il ragazzo un rapporto tale da tranquillizzare i genitori oppure si sarebbe stati sostituiti. Il lavoro non serviva ad una crescita del ragazzo, bensì alla famiglia che per quattro ore al giorno era “libera” dalla sua presenza marcata.

A proposito di burn-out, mi colpì la storia di un collega che voleva essere spostato dal lavoro perché una volta, uscendo dall’appartamento dove assisteva una persona disabile, rimase più di un’ora ad aspettare l’autobus. Dopo la prestazione “traumatica” non riusciva a prenderlo. Il rapporto con questa persona era difficile, si sentiva maltrattato e la cooperativa, oltre che farlo parlare con un assistente sociale del Municipio, non fece. L’incontro con l’assistente sociale si risolse semplicemente con una presa d’atto delle difficoltà dell’operatore. Dopo qualche tempo l’operatore cambiò cooperativa.

Un’altra volta, mi mandarono in sostituzione presso una signora che aveva un figlio con la sindrome di down. Rimasi sconcertato vedendo le condizioni degradate del ragazzo. In genere i ragazzi down non presentano un quadro cognitivo così deteriorato. Ne parlai in cooperativa, mi risposero che seguivano il ragazzo da molto tempo e, purtroppo, le cose erano andate in quel modo.

Una volta la madre mi disse che l’operatore che mi aveva preceduto si era suicidato. Era andato da loro per poco tempo. La madre cinicamente sembrava indispettita di questo suicidio senza preavviso: avrebbe voluto sapere il motivo, si lamentava che il ragazzo non le aveva detto nulla prima del gesto.

Il ragazzo era seguito da uno psichiatra privato. Raccontai tutto in cooperativa. La risposta della cooperativa fu celere: mi spostarono dal caso, adducendo che la madre preferiva che io non andassi più dal figlio. Non vi era stato alcun motivo di conflitto.

L’operatore è l’ultimo anello del disagio ed il burn-out è la condizione basilare di questo lavoro. La risposta di tutti gli operatori è la difesa. La difesa porta ad allontanarsi dall’analisi del lavoro che si sta facendo. Si aspettano direttive della cooperativa e quando non arrivano, si cerca di adattarsi al lavoro e di trovarsi uno spazio nelle dinamiche manicomiali delle famiglie. Quando le crisi superano il limite, si cerca qualche istituto per il ragazzo.

Ho sempre sostituito dei colleghi al punto terminale di questo processo ed ho potuto constatarne l’inevitabile destino di questi ragazzi.

Mi ricordo di un ragazzo in lista di attesa in un istituto. Il ragazzo era aggressivo ed il collega che mi aveva preceduto non aveva resistito molto. Mi ricordo che nei primi incontri il ragazzo aveva manifestato anche nei miei confronti una certa aggressività. Mi presi qualche calcione, che per fortuna sono stato abile a schivare. Ma dopo qualche giorno, le cose erano migliorate. Avevo trovato un sistema con la musica: al ragazzo piaceva la musica e mi ero accorto che conosceva i testi di alcune canzoni vecchie, ma non quelle recenti. Ci stavo lavorando, ma si liberò il posto all’istituto ed il ragazzo fu mandato a prescindere dai progressi ottenuti.

 

 

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